Indignatevi contro la violenza!


Roma – «Vergogna! Vergogna!», è l’urlo degli indignati che oggi a Roma hanno invaso il centro della capitale. Ma i destinatari dell’invettiva non sono le camionette dei celerini, i caschi e i manganelli della Polizia, neanche le fiamme svettanti sul cappello dei carabinieri. Oggi non è così. E i primi a stupirsene sono proprio loro, le forze dell’ordine. L’indignazione che sale dalla folla è tutta per gli incappucciati che danno alle fiamme gli uffici di un Commissariato, sfasciano le automobili parcheggiate sul ciglio della strada, spaccano le vetrine delle banche e assaltano i distributori di benzina.

La prima grande manifestazione degli indignati italiani, purtroppo, non riesce ad tenere violenze e devastazioni fuori dalla protesta. Che in poche ore mettono a ferro e fuoco la Capitale. Ma mai prima d’ora era accaduto che la maggioranza pacifica agisse con tanta determinazione e consapevolezza contro le frange violente del corteo. Criticandole apertamente, isolandole. Addirittura consegnando alla Polizia alcuni degli incappucciati giunti da tutta Italia per cercare soltanto lo scontro e l’azione vandalica.

In Piazza San Giovanni, poco prima delle 17.00, l’indignazione contro la crisi e la politica si trasforma in rabbia contro i violenti. Che ad ogni costo vogliono far passare le ragioni della protesta in secondo piano rispetto alle devastazioni. E accade l’impensabile. Un gruppo di questi manifestanti pacifici, esasperato dagli atti vandalici che hanno trasformato Via Cavour in un campo di battaglia, circonda tre incappucciati e, dopo averli bloccati, li consegna senza esitazione alle forze dell’ordine.

Questo solo l’ultimo e il più eclatante dei molti gesti di intolleranza verso i black block. Che in più riprese e a gran voce vengono apostrofati: «Vigliacchi! Codardi! Sono buoni tutti con il viso coperto!». E ad ogni svolta si sente fra i cori: «Fuori dal corteo i violenti! Fuori dal corteo!». Addirittura: «Fascisti!».

È una rivolta nella rivolta, quella che si dispiega tra la Piazza della Repubblica e San Giovanni. Fischi, smentite, discussioni accese e qualche volta anche scontri fisici, lanci di bottiglie: «Questa gente scriteriata rovinerà tutta la manifestazione», lamentano in centinaia. Il corteo pacifista cerca in tutti modi di espellere le sue diramazioni in assetto da guerriglia isolando gli incappucciati, non permettendo loro di confondersi di nuovo fra le sue fila. I pacifisti tengono i ragazzi violenti per le braccia, li spintonano lontano, chiamano a raccolta i media perché non facciano di tutta l’erba un fascio.

Le immagini di Genova tornano vivide alla memoria di tutti gli indignati oggi in piazza. Ma contemporaneamente, si vorrebbero far largo anche quelle di Firenze, dove nel novembre del 2002 migliaia di no-global riuscirono a manifestare senza che una sola vetrina andasse in frantumi, o un sasso fosse divelto. Allora Il Generale, cantante reggae toscano, celebrò l’evento addirittura con una canzone: Quanto mi sei piaciuta Firenze.

Oggi, al contrario, i sampietrini volano, i fumogeni fanno lacrimare gli occhi e le camionette dei carabinieri bruciano. Ma in mezzo agli scontri, anche violentissimi, per la prima volta con una fermezza inusuale, la gran parte delle persone che manifestavano, si sono schierate per un confronto pacifico. Non sono riuscite a fare granché, è evidente. Ma piano piano c’è da augurarsi che diventino davvero quel 99% che dicono di essere.

Prepariamoci al meglio, al peggio.

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