Il partito degli imprenditori

Lo Stato non riesce a pagare le commesse agli imprenditori, che si tolgono la vita. I partiti pagano invece tutto. Pagano tutti. Come sembrano dimostrano le carte ritrovate nell’archivio parallelo di Helga Giordano – ex contabile della Lega, fino a qualche mese fa assessore al Bilancio del Comune di Sedriano, in provincia di Milano – la Lega si preoccupava di utilizzare le disponibilità del partito, gonfiate dai mostruosi rimborsi elettorali, per pagare spese personali della famiglia di Umberto Bossi o di persone inserite nel «cerchio magico».

Ma non è questa l’unica evidenza. La contabilità parallela della Lega – che la segretaria amministrativa del partito, Nadia Dagrada, si preoccupava di omettere con attenzione – mostrano come gli imprenditori sappiano sfruttare appieno il generoso seno dei partiti, succhiandone fino in fondo i milioni di euro concessi dallo Stato, ben superiori alle effettive spese sostenute in campagna elettorale.

La Lega, ad esempio, nel 2010 ha incassato 22,5 milioni di euro di rimborsi elettorali a fronte di spese per  8 milioni. L’avanzo così ottenuto è quello di un’azienda che va a gonfie vele: in crescita di circa 600mila euro sul risultato del 2009, con un patrimonio netto che nel 2010 aumenta a quota 39,7 milioni di euro, contro i 31,6 dell’esercizio precedente.

Chi ha soldi, soldi veri e sonanti, attira a sé persone desiderose di sfruttare quei soldi, di incassarli. E i partiti sono formidabili bancomat dalla liquidità inesauribile. Non conoscono crisi perché la legge sui rimborsi è anticiclica e a prova di bomba, non devono giustificare il perché spendono meno di quello che incassano, rendicontano bilanci ridicoli in cui cene, viaggi, auto, lavori di ristrutturazione, cartelloni pubblicitari e feste di partito sono tutti scontati all’interno della cosiddetta “attività politica”. Ma questa ricchezza non basta. Omettono le spese più imbarazzanti. Helga Giordano ha rivelato che tra le uscite non ufficiali di via Bellerio ci sono quelle relative alla macchina di Daniela Cantamessa, la segretaria di Umberto Bossi. Forse non si voleva gonfiare ulteriormente il già pesante bilancio del parco auto leghista, che nel 2010 ha un valore monstre di 852mila euro e tra bolli, tagliandi, carburante costa qualcosa come 91mila euro ogni anno.

Se dunque fossi un imprenditore, uno a cui lo Stato deve ancora commesse di centinaia di migliaia di euro, non lascerei forse su due piedi le gare pubbliche per fiondarmi sui tesorieri di partito? Non accantonerei subito gli appalti statali a favore dei “favori” di questa o quella fazione politica? Così devono aver pensato i titolari della Cori.cal service, impresa di pulizia a cui la Lega fatturava spese che non avevano nulla a che fare con la “mission” di questa azienda. Oppure laG&A soluzioni edili, cui venivano accreditate spese di ristrutturazione e tinteggiatura con importi variabili, di cui si dovrà accertare l’effettiva esecuzione dei lavori. E ci sono i camioncini pubblicitari della Italtrade: 43 mila euro per sei furgoncini in un semestre, così come la fattura della Boniardi Grafiche che non si capisce perché emessa non alla Lega, ma a Massimiliano Orsatti, consigliere regionale e segretario della circoscrizione nord della Lega.

Le aziende ricevono pagamenti spropositati per prestazioni minime, non giustificabili? E con la differenza eseguono lavori in nero per i potenti dei partiti? Si dovrà verificare. Ma il sospetto è che dietro a questi pagamenti si celino proprio quei “favori” su cui la magistratura sta indagando. In fondo, i soldi dei partiti sono così tanti che devono girare. E se non finiscono in Tanzania, meglio investirli nel mattone: Lusi e Belsito docent.

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