OccupyPiazzaAffari è «contro il governo di Napolitano»

Prima contro il governo Monti. Poi contro il governo Monti-Napolitano. E infine solo contro Napolitano. Il corteo di Occupy Piazza Affari, che oggi ha sfilato da Porta Romana fin sotto il palazzo della Borsa di Milano, sancisce la rottura tra i movimenti radicali della sinistra e il Presidente della Repubblica, reo di aver portato in Parlamento «un esecutivo che è più a destra della destra berlusconiana».

Un misto di rabbia e frustrazione agita il corte. Ci sono i No-tav che si scaldano ogni volta che vedono un assembramento di carabinieri e poliziotti. Ci sono i centri sociali con i ragazzini che imbrattano i muri e fanno esplodere qualche petardo. Ci sono le bandiere dei movimenti di San Precario e No Expo dentro lo spezzone di corteo firmato «Re-generazione precaria», accanto alla gigantografia del volto di Mari Monti sfregiata dalla maschera del cannibale Hannibal Lecter. Ma ciò che colpisce è la condanna unanime che tutte le anime del corteo rivolgono alla prima carica dello Stato: Giorgio Napolitano. Lui che nel 2006 fu il primo «compagno» a salire al Colle, ex dirigente del Pci che in gioventù prese parte alla Resistenza napoletana pubblicando volantini con brani tratti da Marx. Che nel 2008 dovette riconsegnare il governo nelle mani di Silvio Berlusconi dopo che l’Udeur di Mastella decise di abbandonare Romano Prodi. Che fu investito da tutta la sinistra – ormai extraparlamentare – del ruolo di ultimo garante e faro della democrazia. Che a poco a poco però, quella stessa sinistra senza voce accusò di indolenza e connivenza con il Cavaliere, di esserne lo scribacchino e il passacarte pronto a firmare qualunque decreto arrivasse da Palazzo Chigi. E in fine lui che «fece per viltate il gran rifiuto»: quello di non indire nuove elezioni, ma chiedere al professore della Bocconi di formare un nuovo esecutivo.

«Siamo qui per dire no al governo di Napoletano: uomo sinistro, non di sinistra», si urla dal palco di Piazza Affari, un camion con rimorchio scoperto ed enormi casse da cui escono grida e musica. «Perché ha permesso che Monti salisse al governo, un emissario della Banca Centrale Europea che regna sull’Italia». L’ironia è sottile, ma spietata. Il riferimento è per l’epiteto che il New York Times utilizzò per descrivere il capolavoro di diplomazia utilizzato da Napoletano durante la crisi autunnale del precedente governo. «King George Napolitano», lo soprannominarono, per il «la maestosa difesa delle istituzioni democratiche italiane e l’importantissimo ruolo giocato dietro le quinte nella transizione Berlusconi-Monti». «Ma faremo vedere al re, che l’Italia non è una monarchia», ribattono quelli di Occupy Piazza Affari.

Secondo gli organizzatori sono in 50 mila, la questura ne conta solo 10 mila. Un risultato comunque migliore di quello del 10 ottobre scorso quando l’iniziativa degli indignati italiani portò sotto Palazzo Mezzanotte meno di 50 persone. Da allora molto è cambiato. Sei mesi fa la rabbia era tutta rivolta per gli speculatori finanziari che avevano causato la crisi e l’incapacità del governo italiano di affrontarla. Oggi che faticosamente un nuovo governo è stato messo in piedi per affrontarla, quella crisi è responsabile di aver piazzato i suoi «burattini in Parlamento». La confusione non è solo formale. Il corteo è diviso in mille anime diverse: dal comitato No Debito lanciato da Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato Centrale della Fiom, alla rete di San Precario, «l’intelligence dei precari italiani». Da centri sociali ai leninisti; dall’Unione Sindacale di Base, confederazione di sindacati nata a Roma nel 2010, alla Federazione della Sinistra. Eppure tutti vogliono «mandare a casa il governo Monti-Napolitano, creare un’alternativa, liberare l’Italia dal giogo dell’Europa». Ma quale alternativa? E quale libertà? Un ragazzo sfila nudo dalla vita in giù, senza mutande e senza pudore: «Non saprei, è complicato. Ma sono sicuro un po’ di naturismo aiuterebbe il movimento di liberazione».

Prepariamoci al meglio, al peggio

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